Consulente esterno condannato

Consulente esterno condannato

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Addebitata la responsabilità ad un consulente esterno per non aver individuata e segnalata la mancanza di sicurezza di una macchina utensile installata in una azienda in conseguenza della quale si e’ poi verificato un infortunio sul lavoro.

Cassazione Sezione Lavoro Civile – Sentenza n. 15050 del 26 giugno 2009 (U. P. 3/3/2009) – Pres. Roselli – Est. Lamorgese – P.M. Matera – Ric. A. contro F. C., G. I. A., B. L. e O. D.

Commento.

E’ la prima volta che la Corte di Cassazione si esprime in merito alla responsabilità di un consulente esterno ad una azienda per non aver segnalata, incaricato da un datore di lavoro di effettuare una indagine sulla sicurezza delle macchine installate nella stessa, la carenza di misure di sicurezza di una di queste ed in conseguenza della quale è occorso un grave infortunio ad un lavoratore dipendente. Secondo quanto discende dalla massima di questa sentenza della Sezione Lavoro Civile della Corte suprema, infatti, nel caso di un infortunio derivato da un macchinario utilizzato da un lavoratore, non è esclusa la responsabilità di un terzo al quale sia stato affidato uno studio della situazione aziendale in riferimento all’igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, se questi non ha segnalato al datore di lavoro la presenza in azienda del macchinario non conforme alle norme di sicurezza che è stato causa dell’infortunio, né tale responsabilità è esclusa dalla omissione da parte del datore di lavoro di non aver valutato il rischio nella propria relazione della sicurezza essendo tale redazione un adempimento successivo allo studio commissionato al terzo e presupponente la correttezza dello stesso.
Il coinvolgimento di una tale figura professionale del resto non deve meravigliare se solo si considera che le disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro nell’imporre alle aziende la istituzione di un servizio di prevenzione e protezione hanno previsto che i datori di lavoro, quando all’interno della loro struttura non hanno persone o quando loro stessi, nel caso che ricorrano allo svolgimento diretto dei compiti del servizio di prevenzione e protezione, non hanno le capacità per effettuare una corretta valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, devono far ricorso a persone o servizi esterni in possesso dei requisiti necessari.

Il caso e l’iter giudiziario

Il caso riguarda un lavoratore infortunatosi presso una macchina utensile installata in una azienda il quale ha convenuto in giudizio il datore di lavoro dinanzi ad un Tribunale chiedendone la condanna al risarcimento del danno biologico conseguente all’infortunio occorsogli. Il datore di lavoro ha confutata la pretesa e, per essere garantita in ordine alle somme che fosse stata eventualmente condannata a versare per l’infortunio, ha chiamata in giudizio l’impresa assicuratrice ed una società di consulenza tecnica ed ecologica alla quale, alcuni mesi prima dell’evento, aveva commissionato uno studio ed un’analisi preliminare della situazione aziendale con riferimento all’igiene ed alla sicurezza degli ambienti di lavoro senza che la stessa società avesse poi segnalato alcuna necessità di intervento sul macchinario causa successivamente dell’infortunio.
Il Tribunale ha accolta la domanda dell’attore e quella di garanzia nei confronti della società assicuratrice ma ha rigettata quella di garanzia presentata contro la società di consulenza. Sia il datore di lavoro dell’azienda che la società assicuratrice hanno ricorso in appello affinché fosse dichiarato l’obbligo della società di consulenza tecnica a tenerla indenne da ogni pagamento dovuto per l’infortunio.
La Corte di appello, nell’accogliere la richiesta, ha posto in evidenza che tra il datore di lavoro e la società di consulenza tecnica vi era stato un valido rapporto contrattuale e che nella consulenza espletata la società incaricata si era occupata anche della cesoia utilizzata dall’infortunato al momento dell’incidente, senza che avesse rilevato nulla in merito all’esigenza di una protezione laterale così come aveva fatto, nella relazione presentata alla committente, per altri macchinari per i quali aveva segnalata invece l’importanza di approntare delle opere di adeguamento.
La società di consulenza tecnica ha successivamente fatto ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo che il datore di lavoro dell’azienda aveva affidato alla stessa solo l’incarico di redigere una relazione preliminare e di fornire una attività di consulenza e di assistenza per consentire poi allo stesso di redigere il documento sulla sicurezza di cui agli artt. 4 e ss. D. Lgs. n. 626 del 1994, obbligo che rimane comunque a carico del datore di lavoro e nel quale devono essere individuate le misure di sicurezza e programmate quelle ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza. La committente quindi, secondo quanto sostenuto dalla società di consulenza tecnica, aveva ritenuto di interrompere il rapporto professionale con la stessa e di proseguire per proprio conto nella redazione del documento di sicurezza. Inoltre, si legge nel ricorso, l’attività della società di consulenza tecnica rientrava nell’ambito di una prestazione di opera intellettuale ed in quanto tale doveva essere qualificata come obbligazione di mezzi e non di risultato e non era certo diretta al raggiungimento della eliminazione del rischio di infortunio nell’ambito dell’azienda.

La decisione della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo addotto ed ha ribadita l’esistenza di un valido rapporto contrattuale concluso fra le parti “La critica che svolge la ricorrente” ha sostenuto la Sezione Lavoro “in ordine alla definizione dell’oggetto dell’accordo, se cioè l’incarico fosse limitato ad una ‘analisi preliminare’ sullo stato dei macchinari esistenti in azienda sotto il profilo della sicurezza degli ambienti di lavoro, ovvero dovesse comprendere anche la consulenza per la redazione del ‘documento sulla sicurezza’ che fa carico all’azienda a termini della denunciata normativa del 1994, non ha rilevanza, posto che l’indagine svolta dalla società (di consulenza tecnica) era estesa, come evidenzia la sentenza impugnata con statuizione non sottoposta a censura, a tutti i macchinari, compresa la cesoia cui era addetto l’infortunato, senza che per tale attrezzatura la (società di consulenza tecnica) avesse mosso alcun appunto circa l’esigenza di una protezione laterale, mentre aveva fatto cenno di approntare opere di adeguamento per la sicurezza di altri impianti, come del resto la stessa ricorrente ammette nel presente ricorso (v. ultimo periodo di pag. 12)”.
“Nessuna incidenza”, ha concluso la Suprema Corte, “può avere ai fini della responsabilità della società ricorrente per l’inadempimento dell’obbligazione a suo carico, consistente nella segnalazione alla committente dei macchinari esistenti in azienda, non conformi alla normativa di sicurezza, la circostanza che non era stata redatta la relazione di sicurezza con la valutazione dei rischi e che questo compito facesse carico all’azienda datrice di lavoro, dovendo anzi rilevarsi che detti ulteriori adempimenti previsti dal denunciato D. Lgs. n. 626 del 1994 presuppongono l’analisi della sicurezza dei macchinari e dell’ambiente di lavoro”.

 

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Alessandro Pratelli

Perito aeronautico, calsse '72. Lavora come redattore tecnico dal 1995 poi fonda AP Publishing. Appassionato di Direttive e norme tecniche. La frase che preferisce? "Se non alzi mai gli occhi, ti sembrerà di essere nel punto più in alto".